Le differenze inventariali o la perdita di articoli possono avere molte cause, ma le più invadenti e frequenti sono quelle relative ai furti, attribuibili a clienti, criminalità organizzata o dipendenti, senza contare fornitori o anche banali errori amministrativi. Tutto questo si trasforma in perdita reale da parte dei retailer, con conseguenze che in alcuni casi possono essere determinanti: ma vediamo di quantificare il fenomeno prendendo spunto da questa interessante indagine, promossa appunto da Checkpoint Systems, in collaborazione con il Barometro Mondiale dei Furti nel Retail.
Il Barometro Mondiale dei Furti nel Retail è una struttura che si occupa di studiare il fenomeno delle differenze inventariali, redige annualmente la prima e unica ricerca globale sul costo derivante da questo fenomeno: lo studio fornisce dati per aiutare i rivenditori di tutto il mondo ad avere un riferimento per poter valutare le loro prestazioni in confronto al resto del mondo, con dati strutturati per diversi settori merceologici, mercati verticali e aree geografiche.
Veniamo subito al dato piu significativo: In Italia la “penale” da pagare per le perdite nel Retail ammonta a 94 euro l’anno per persona.
A livello globale il costo delle differenze inventariali è stato di oltre 96 miliardi di euro. Queste perdite, hanno rappresentato, in media, una percentuale pari all’1,29% delle vendite Retail. Sono state fatte interviste telefoniche in 24 paesi, che hanno generato complessivamente 560 miliardi di euro di vendite nel 2013. Secondo l’Edizione 2014 del Barometro, le differenze inventariali sono in lieve calo in molti Paesi: i Paesi come l’Italia, che presentano minori differenze inventariali, sono quelli in cui gli investimenti in prevenzione sono aumentati. Percentuali più basse si sono anche registrate in Norvegia (0,83%), Giappone e Regno Unito (0,97%) e le più alte in Cina (1,53%) e Messico (1,70%).
In Italia le differenze inventariali sono in diminuzione rispetto all’anno scorso; la nostra percentuale è del 1,09% delle vendite, per un valore pari a 3,1 miliardi di euro di perdite annue. Lo studio evidenzia inoltre come nel nostro Paese oltre il 75 % delle differenze inventariali siano da attribuirsi ai furti, compiuti dai clienti per un 53,4% e dai dipendenti per il 22%. Seguono gli errori amministrativi (16,3%) e le frodi da parte dei fornitori (8,3%). In Italia gli investimenti in prevenzione sono aumentati, arrivando a oltre 2,5 miliardi di euro nell’ultimo anno, valore che pone il nostro Paese nella classifica dei più virtuosi in quanto a rapporto tra differenze inventariali e spesa in prevenzione delle perdite.
Lo Studio rileva inoltre quali sono gli articoli più rubati, in Italia e nel resto d’Europa; come facilmente ci si potrebbe immaginare gli articoli più rubati sono quelli più facili da nascondere e i settori maggiormente colpiti sono l’Alimentare, (vini e superalcolici al primo posto), il Fashion (giubbotti, calzature ed accessori moda) e l’Health&Beauty, (prodotti per il trucco e creme). Infine gli I-Phone, smartphone e videogames continuano ad essere tra i prodotti globalmente più rubati. Quasi il 65 % dei taccheggiatori ha un’età compresa tra i 18 e 45 anni a livello mondo, mentre in Italia la fascia si concentra tra i 30 e 45 anni. Si evidenzia inoltre che i furti da parte dei clienti sono effettuati soprattutto nei negozi specializzati, mentre quelli ad opera dei dipendenti si verificano soprattutto nei negozi di elettronica e di articoli sportivi.