Nel bel mezzo della ripresa economica, centinaia di negozi e grandi magazzini americani stanno chiudendo i battenti dando vita ad una vera e propria apocalisse del retail. Le ragioni probabilmente vanno al di là del ruolo, pur cruciale, di Amazon.
Dai grandi magazzini delle aree rurali ai negozi nelle principali vie di Manhattan stiamo assistendo all’apocalisse del retail a stelle e strisce.
Abbiamo già assistito nel corso di questa prima metà di 2017 a 9 fallimenti eccellenti, tanti quanti nell’intero 2016. Nomi come J.C Penney, RadioShack, Macy’s, Sears, Sports Authority e Payless a vari gradi testimoniano questo periodo di grande crisi del settore.
Ralph Lauren ha annunciato la chiusura del suo negozio sulla Fifth Avenue. Una delle marche più iconiche del retail statunitense chiude i battenti nella strada simbolo dello shopping d’America.
Una profonda crisi economica potrebbe spiegare l’estinzione di massa alla base di questa apocalisse del retail a cui stiamo assistendo. Ma l’economia è in ripresa e il GDP americano è tornato a crescere ormai da otto anni a questa parte. Il prezzo della benzina è basso. Il livello di disoccupazione è sotto il 5% della popolazione e gli stipendi degli americani sono cresciuti in maniera consistente durante l’ultimo anno.
Quindi qual è la ragione per la crisi del retail? La realtà è che anche i consumi, se pur in maniera lenta, stanno crescendo. Ma alcuni trend come la crescita dell’e-commerce e la rinascita della ristorazione stanno cambiando la faccia della spesa degli americani.
Abbiamo elencato le tre principali cause alla base del fenomeno che stiamo osservando.
3 ragioni per spiegare l’apocalisse del retail
1 Le persone semplicemente comprano maggiormente online
La più semplice motivazione dei continui fallimenti dei retailer tradizionali è che le persone acquistano sempre più spesso da Amazon. Fra il 2010 e il 2016 le vendite di Amazon nel Nord America sono quintuplicate, passando da 16 miliardi di dollari ad 80. Ancora più rilevante è che circa la metà dei proprietari di immobili in America sono iscritti ad Amazon Prime.
Ma la storia completa è più complicata rispetto ad Amazon. L’Online shopping sta facendo bene nella vendita di prodotti come libri e musica da molto tempo. Ma ultimamente le semplici policy di restituzione hanno reso l’online shopping:
- conveniente
- facile
- e privo di rischi per acquisti nel settore abbigliamento.
Il quale rappresenta ad oggi la fetta più grossa dell’e-commerce. Il successo di start-up come Casper, Bonobos e Warby Parker ha imposto ai retailer fisici di offrire prezzi e sconti simili a quelli praticati online.
Un altro fattore importante è la crescita del mobile shopping. Fino a poco tempo fa questo tipo di acquisto era problematico e scomodo per una serie di motivi:
- mancanza di sicurezza nel pagare con la propria carta di credito
- continua apertura di pop-up pubblicitari.
Adesso però sta diventando più facile grazie alle App e ai mobile wallet. Dal 2010 il mobile commerce è cresciuto da una spesa all’interno del commercio digitale del 2% al 20% attuale.
Le persone erano abituate a fare parecchi viaggi al negozio prima di effettuare l’acquisto di articoli costosi. La prima volta andavano per vagliare le varie opzioni e farsi un’idea. La seconda per restringere il campo dei loro preferiti ed una terza per completare l’acquisto. Ogni viaggio al centro commerciale poteva far nascere altri desideri più piccoli o ricordare al consumatore che aveva bisogno di qualcosa facendogli comprare qualche piccolo articolo. Oggi invece che tutto può essere fatto online il centro commerciale viene frequentato meno e quindi gli acquisti di impulso sono ridotti al minimo.
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In America esistono troppi centri commerciali
Ci sono circa 1200 grandi magazzini in America oggi. In un decennio potrebbero scendere a 900. Questo non significa la loro scomparsa, ma il loro inevitabile declino.
Fra il 1970 e il 2015 il numero di questi grandi centri di shopping è cresciuto al doppio della velocità della popolazione. Gli USA hanno il 40% di spazio pro capite in più nei grandi magazzini rispetto al Canada. 5 volte più della Gran Bretagna. E 10 volte più della Germania. Non deve quindi stupire che la crisi del settore negli Stati Uniti sia così marcata rispetto ad altri paesi. Secondo una ricerca di Cushamn and Wakefield le visite nei centri commerciali sono diminuite del 50% fra il 2010 e il 2013.
In un lungo e dettagliato documento sulle chiusure di molti store Cowen and Company hanno offerto alcune spiegazioni circa il fenomeno della chiusura dei grandi magazzini. In primo luogo gli stipendi stagnanti del periodo della crisi e l’aumento dei costi della sanità hanno spinto molti consumatori a ridurre le spese per articoli superflui. La nascita di outlet e negozi con sconti molto marcati h inoltre spinto i consumatori sensibili al prezzo lontano dai grandi magazzini.
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Assistiamo ad uno spostamento della spesa dagli articoli alla ristorazione
Anche se e-commerce e superfici dei centri commerciali eccessive stanno portando alla chiusura di molti negozi, perché questo evento sta accadendo in un momento in cui gli stipendi più bassi stanno crescendo ad una velocità che non si vedeva dagli anni ’90?
Aumento dei salari
Per prima cosa, nonostante l’aumento dei salari sia un’ottima cosa per i lavoratori e un ottimo segnale per l’economia, questo può rappresentare una difficoltà per quelle aziende con un basso margine che fanno affidamento a manodopera a basso costo come i negozi. Cassieri e commessi sono due delle categorie più numerose con circa 8 milioni di dipendenti. Il loro stipendio medio è inferiore ai 25.000 dollari l’anno. Ma recentemente il salario minimo legale è stato aumentato incrementando la pressione su quei retailer che già erano in affanno a causa di Amazon.
Spostamento degli interessi
In secondo luogo i negozi di abbigliamento hanno visto decrescere il loro fatturato a causa dello spostamento degli interessi dei consumatori. I quali si sono spostati verso il settore dei viaggi e quello della ristorazione. Prima della crisi le persone compravano un sacco di cose e ciò ha permesso una grande crescita per il settore retail. Ma qualcosa negli ultimi anni è cambiato. La spesa in abbigliamento è scesa del 20%.
Perché? Assistiamo al boom per le spese di viaggio. Hotel e compagnie aeree stanno crescendo a velocità record. La crescita per la ristorazione registra una crescita ancora più marcata. Dal 2005 la spesa per la ristorazione è cresciuta del doppio rispetto alla spesa media negli altri settori del retail. Nel 2016 per la prima volta in assoluto in America si è speso di più in bar e ristoranti rispetto alla spesa nei supermercati.
Questo fenomeno ha indubbiamente una causa sociale determinante. Molti giovani sono portati a spendere molto denaro in esperienze che possano essere condivise sui social. Questo aspetto rappresenta un grosso problema per i centri commerciali. Una strategia che potrebbe funzionare per evitare la loro totale scomparsa è quella di offrire:
- cibo migliore
- palestre
- intrattenimento
all’interno di questi magazzini per invogliare giovani e famiglie a tornare a frequentarli.
Non ci sono dubbi che il principale trend che affligge gli store sia l’inarrestabile marcia di Amazon e dell’e-commerce in generale. Ma il recente drastico calo per i brand del retail è anche conseguenza della grande crisi appena superata che ha modificato i consumi degli americani. Spostando l’interesse su esperienze da condividere sui social network e dando il via all’età dell’oro del settore viaggi e del settore della ristorazione.
E in futuro…?
In conclusione una breve predizione. Uno degli errori che le persone commettono quando pensano al futuro è quello di pensare di star guardando l’atto finale della partita. Il mobile shopping potrebbe essere la maggiore forza nel cambiamento del retail. Ma anche le auto a guida autonoma potrebbero rivelarsi un cambiamento radicale per il retail.
Nel momento in cui esse saranno disponibili, economiche e sicure aziende retail e di logistica potrebbero acquistarne milioni e rendere obsoleti i negozi. Potrebbero muoversi nei quartieri delle città notte e giorno con la loro merce in attesa di un interessato che le chiami con il suo smartphone.
In Italia che succede?
Al livello italiano i dati sembrano per una volta non confermare il trend americano. Nel nostro paese non è prevista, almeno per il momento, nessuna apocalisse del settore retail. Nessun grande centro commerciale ha dichiarato la propria chiusura nel 2016. Anzi, durante il 2017 abbiamo assistito ad alcune aperture.
Sorte diversa sembra toccare invece ai piccoli negozi che sono diminuiti di 90.000 unità nel solo 2016. Il settore più colpito, come negli USA, risulta essere quello dell’abbigliamento con una contrazione degli esercizi di circa il 20% a causa della pressione dalle grandi catene. Gli altri settori colpiti sono le ferramenta, le macellerie, le profumerie e le librerie.
Il futuro rimane incerto. E non è detto che il trend americano, sia pure con un po’ di ritardo, non venga replicato anche nel nostro paese. Certamente il panorama complessivo del retail negli ultimi anni ha subito una trasformazione irreversibile. Solo i retailer che saranno veloci nell’adeguarsi alle nuove tendenze potranno sopravvivere e prosperare. I retailer che non saranno in grado di prendere qualche rischio e cambiare il proprio modello di business rimanendo immobile sono destinati ad una lenta, ma neanche troppo, agonia.